badante convivente aes Lecco

Le badanti in provincia di Lecco: un fatto “privato” o “istituzionale”?

L’Italia investe solo lo 0,9% della ricchezza nazionale nelle politiche familiari. Un dato che relega il nostro paese all’ultimo posto nell’Unione europea. Di conseguenza, il ricorso al servizio privato a pagamento supera di molto l’utilizzo del servizio pubblico, in particolare nel campo dell’assistenza agli anziani. Tra le famiglie in cui è presente un soggetto non autosufficiente, quelle che si rivolgono ai servizi privati di assistenza sono il 13% (corrispondente a circa 400.000 famiglie), una quota molto maggiore di quella delle famiglie che fruiscono del servizio pubblico (7,6%).

Rispetto alla domanda complessiva di assistenza, il servizio pubblico eroga solo il 20% degli aiuti, mentre il settore privato raggiunge il 35,4% della domanda, con picchi del 42,9% nei casi più gravi. Le ragioni di questa differenza sono da ricercare nel carattere residuale del servizio pubblico, che si rivolge esclusivamente ai gruppi sociali più svantaggiati, oltre che nelle carenze relative alla flessibilità, qualità e adeguatezza del servizio. Ricerche locali confermano sia la relazione tra indebolimento della rete informale e crescita del ricorso ai servizi privati a pagamento, sia il maggiore utilizzo di questi rispetto a quelli pubblici: il ricorso all’aiuto privato (badanti conviventi, badanti ad ore, badanti di condominio o anche semplicemente colf conviventi o colf ad ore) avviene tanto più frequentemente quanto più aumentano l’età e il grado di invalidità degli anziani, ma tende a ridursi quando è presente una forte rete di sostegno familiare.

Molto spesso, di fronte alla necessità di assistenza, vengono utilizzate diverse combinazioni di aiuto familiare e di aiuto pagato, a seconda della disponibilità o meno di risorse informali, secondo un criterio di interdipendenza. Secondo l’Eurispes il principale strumento di sostegno alle famiglie in Italia, le detrazioni fiscali per i familiari a carico, è del tutto inadeguato perché lascia scoperti “i nuclei che più degli altri necessiterebbero di sostegno economico: quelli in cui entrambi i coniugi risultano disoccupati”. Per l’istituto è dunque prioritaria l’introduzione di misure a sostegno dei nuclei familiari che non possono usufruire delle agevolazioni fiscali. Infatti i sussidi monetari attualmente in vigore a sostegno delle famiglie sono giudicati nello studio come “del tutto inadeguati al mantenimento dei figli”. Mantenimento che comporta enormi sacrifici: basti pensare che l’arrivo del primo figlio determina mediamente una diminuzione del reddito a disposizione tra il 18% e il 45% ed una spesa aggiuntiva compresa tra i 500 e gli 800 euro mensili, variabili in relazione all’età e alla collocazione geografica.

Per quanto concerne i sussidi indiretti, l’Eurispes mette in evidenza l’insufficienza delle detrazioni fiscali in vigore nel nostro Paese confrontandole con Francia e Germania: per una famiglia con due figli a carico e un reddito complessivo di 30 mila euro il risparmio d’imposta previsto è pari a poco più di 500euro in Italia, mentre sale a tremilaeuro in Francia e a seimila in Germania. Nelle grandi città, in cui il tessuto sociale è più frammentato, i legami con la parentela meno forti, più intenso il cambiamento demografico, maggiore il numero di donne lavoratrici, così come più diffusa è l’instabilità coniugale, la rete informale (intesa come parentela non convivente) mostra segni di grande debolezza e le famiglie che si rivolgono al servizio privato sono molto più numerose che altrove.

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